Di solito, colui che mi fa domande su questi problemi ha una di queste due reazioni di fronte al mio modo di aiutarlo: o esprime scetticismo sulla possibilità che una prostituta possa avere un'opinione sulla sua situazione, preferendo, poi, consultare un "esperto" in materia; o utilizza le mie informazioni ma rivolge delle domande alla prostituta solo sulla sua vittimizzazione, lasciando le questioni più puramente politiche a non prostitute come me. Tutti abbiamo visto alla televisione dei programmi sulla prostituzione che mostrano, in successione, femministe, accademici, assistenti sociali, poliziotti e cosi via, tutti che commentano l'argomento offrendo uno sguardo su questa realtà attraverso statistiche e studi. In qualche parte del programma, una prostituta o due, probabilmente, forniranno una testimonianza emotiva o saranno riprese mentre si chinano in modo provocatorio, indossando una gonna corta e stretta, verso il finestrino di un passeggero di un'auto.
C'è qualcosa di strano in questa metodologia. Immaginate un ricercatore che sta scrivendo un articolo intitolato: "Chi è il pompiere? Quali sono le sue esperienze?". Ora immaginate lo stesso scrittore che dice: "Facciamo tante altre cose ma non rivolgiamo queste domande ad un pompiere! Al contrario consultiamo accademici e altre persone che hanno fatto ricerche in materia ma che non hanno mai avuto esperienze dirette con il fuoco". Se tale giornalista rifiutasse di raccogliere le testimonianze dei pompieri in modo serio, la sua ricerca dovrebbe essere - e sicuramente lo sarebbe - respinta come bislacca e irresponsabile.
Tuttavia il rifiuto ad ascoltare le voci delle prostitute che non si considerano vittime è l'approccio più comune utilizzato da coloro che si pongono la domanda: "Chi è la prostituta?". Solamente le storie strappalacrime di ex donne di strada che sono state danneggiate dalle loro esperienze hanno un certo peso. Qualsiasi motivo sia sotteso a questo modo di fare, una cosa è chiara: la maggior parte degli studiosi si rivolgono alla prostituta, che sia una passeggiatrice o una ragazza-squillo, con una conclusione scontata su chi essa sia. Essi presuppongono che lei non comprenda le implicazioni politiche della sua situazione e che un esperto esterno debba interpretarle per lei. Lei non capisce le implicazioni di ciò che fa con la sua vita e con il suo corpo.
Io credo che sia vero l'opposto. Credo che la donna che sta all'angolo della strada sappia molto più sulla sua forma di prostituzione - che è, appunto, il vendersi sulla strada - di quanto ne sappia io. Credo che una donna che è stata picchiata e costretta a degli atti sessuali da dei poliziotti depravati conosca molto meglio gli abusi delle forze dell'ordine di quanto non li conosca io. Penso che la call-girl altamente pagata, specialmente quella che sta per sistemarsi e per diventare "una signora", abbia una migliore comprensione dei lati economici della prostituzione. Tutto quello che io posso aggiungere ai diversi ritratti su ciò che vuol dire essere una prostituta è l'analisi politica dall'esterno.
Le organizzazioni per i diritti delle prostitute sembrano essere d'accordo nel rispondere alla domanda: "Chi parla per le prostitute?". La prostituta deve parlare per se stessa. E le prostitute politicizzate sanno essere molto insistenti su questo punto. Cheryl Overs, del Network of Sexwork Projects, in Inghilterra, ha espresso un sentimento comune: "E' essenziale che le pubblicazioni sulla prostituzione siano programmate consultando le prostitute e che esse siano ascoltate…. Sarebbe impensabile tenere una conferenza sul razzismo senza la presenza di persone di colore, sui diritti dei disabili senza gli handicappati o sull'orientamento sessuale senza i gay o le lesbiche"
Dawn Passar, una donna che ha lavorato nel "mondo del sesso", ha partecipato alla Quarta Conferenza Internazionale sulle donne, organizzata dalle Nazioni Unite (Settembre 1995) come rappresentante delle prostitute. Nel suo resoconto Dawn affermò di aver appreso molto alla conferenza di Pechino: "Prima di tutto mi sono resa conto di quanta poca informazione ci sia riguardo alla prospettiva di coloro che lavorano nel mercato del sesso e che quasi tutti quelli che sono impegnati sull'argomento sono avvocati o ricercatori… Noi abbiamo provato a spiegare che essi devono lasciare che le donne che lavorano nel mercato del sesso parlino per loro stesse. Abbiamo cercato di far sì che la gente sapesse che più leggi ci sono contro le prostitute e la prostituzione, più le autorità approfitteranno di queste per commettere abusi sulle prostitute".
Tuttavia la comunità di prostitute e di ex-prostitute combatte con una grossa contraddizione interna. Alcune ex donne di strada, disilluse, sparano a zero contro i lavori che hanno a che vedere con il sesso e lo fanno attraverso organizzazioni del tipo di WHISPER (Women Hurt in Systems of Prostitutions Engaged in Revolt = "Donne danneggiate nei sistemi di prostituzione impegnate nella rivolta").
Considerate la seguente definizione di una prostituta espressa in un opuscolo fatto circolare da WHISPER, e paragonatela alla poesia di Norma Jean Almodovar precedentemente riportata:
"Perché sono diventata una prostituta?"
- Vuoi questo lavoro?
- Cercasi aiuto: donne o ragazze
- Sei stanca di lavori stupidi, poco qualificati, mal pagati? Ti piacerebbe
una carriera con un orario flessibile? Vorresti lavorare a contatto con
la gente? Vorresti offrire un servizio professionale?
- Donne e ragazze che accettano questi presupposti forniranno i seguenti
servizi: essere penetrate oralmente, analmente, nella vagina con peni,
dita, pugni e oggetti, comprensivi ma non limitati a: bottiglie, spazzole,
vibratori, pistole e/o animali; essere legate e imbavagliate con funi o
catene, bruciate con sigarette o appese a travi o alberi.
E' del tutto possibile che quanto sopra sia valido per le donne che sono state costrette alla prostituzione e che sentono di essere state gravemente danneggiate dal mondo del lavoro sessuale.
Tuttavia, invece di prendere sul serio le voci delle ex prostitute, coloro che difendono i diritti delle lavoratrici del sesso, tendono a reagire con attacchi "ad hominem" contro le donne che si lamentano. Troppo spesso i gruppi per i diritti delle prostitute, come le femministe radicali, sembrano ascoltare solamente quelle prostitute che seguono la linea "corretta". Come le femministe radicali ritengono che le "puttane liberate" siano pedine della società patriarcale, così le prostitute attiviste credono che le ex prostitute che hanno subito danni siano pedine del femminismo radicale. Così esse, spesso, negano quanto detto dai gruppi come WHISPER. La situazione non è favorita dal fatto che le femministe radicali e le ex prostitute, talvolta, lavorano in collaborazione con i Distretti legali, i dipartimenti di Polizia e con i gruppi per la "pulizia" dei quartieri, ognuno dei quali ha abusato delle prostitute in passato.
Con un totale disaccordo su una questione che ha così grandi implicazioni, non c'è da stupirsi che il dialogo tra le attiviste prostitute e le ex prostitute danneggiate, spesso assomigli ad una gara a chi getta più fango addosso all'altro. L'aggiunta di voci femministe non ha certo calmato le acque.